Il mito del carro alato e il Simposio

Il mito del carro alato
Nel Fedro, nel mito del carro alato, Platone ha lasciato una particolare pagina di altissima poesia. Per capire questa poesia dobbiamo interpretarne prima i personaggi:
L'auriga, che rappresenta la ragione; il cavallo buono, ovvero l'anima irascibile e il coraggio, che aiuta l'auriga contro il cavallo cattivo, ovvero l'anima concupiscibile e la furia degli istinti carnali, per poi condurre il carro, ovvero l'uomo, sulla giusta strada, ovvero compiere le scelte giuste e percorrere un percorso corretto. Platone utilizza una metafora per descrivere la condizione umana, che si presenta come lotta tra pulsioni e desideri contrapposti. Quindi le tre componenti principali della poesia sono il desiderio carnale, le emozioni nobili e la ragione, tutte e tre importanti per l'equilibrio dell'anima. Quindi Platone "non nega la forza delle passioni, ma ritiene che sia compito della ragione ricondurle nella giusta direzione".

"Si pensi, dunque, l'anima come simile a una forza per sua natura composta di un carro e di due cavalli e di una auriga. 
I cavalli e gli aurighi degli dei sono tutti e derivati da buoni, invece quelli degli altri sono misti.
In primo luogo, in noi l'auriga guida un carro a due cavalli; inoltre, dei due cavalli, uno è bello e buono e derivante da belli e buoni; l'altro. invece deriva da opposti ed è opposto. Difficile e disagevole, di necessità. per quel che ci riguarda è la guida del carro. [...]
Dei due cavalli diciamo che uno è buono, mentre l'altro no. Non abbiamo detto, però, quale sia la virtù del buono e quale sia il vizio del cattivo, ma ora dobbiamo dirlo.
Quello dei due cavalli che si trova nella posizione migliore di forma lineare e ben strutturato, dal collo retto con narici adunche, bianco a vedersi e con gli occhi neri, amante di gloria con temperanza e con pudore e amico di retta opinione, non richiede la frusta e lo si guida soltanto con il segnale di comando e con la parola. 
L'altro cavallo è invece storto, grosso, mal formato, di dura cervice, di collo massiccio, di naso schiacciato, di pelo nero, di occhi grigi, iniettati di sangue, amico della protervia e dell'impostura, villoso intorno alle orecchie, sordo, a stento ubbidisce a una frusta fornita di pungoli."
- Fedro, 246a-b, 253c-e, in 'Tutti gli scritti', a cura di G. Reale, Rusconi, Milano 1991, pp.555-562

Il Simposio
Il Simposio è un dialogo che ha come tema l'amore. Viene raccontato di quando Agatone (autore di tragedie molto conosciuto ai suoi tempi) invita Socrate a cena a casa sua con altri amici. Uno degli invitati, ovvero Erissimaco, propone di discutere il tema dell'amore e confrontare le idee e opinioni. A turno spiegano le loro idee e rispondo alle diverse domande, ma il discorso di Aristofane, commediografo greco, spicca sugli altri. Spiega che gli uomini non comprendono la potenza di Eros, perché sostiene che sennò gli uomini gli avrebbero dato più attenzioni e dimostrazioni. Eros è tra gli dei colui che è più amico degli uomini e medico dei mali che portano grazie alla guarigione grande felicità. Per mostrare questa sua tesi, decide di raccontare un mito che spiega l'originaria natura degli uomini. Spiega come all'inizio ci fossero tre generi: maschio, femmina e androgini, ovvero coloro nei quali si univa l'uomo e la donna. Questo terzo genere aveva aspetto mostruoso e fuori dal normale, ed erano molto superbi, a tal punto da ribellarsi contro gli dei. Per punizione gli dei decisero di dividerli in due parti, e da qui nasce il sentimento dell'amore, la necessità di ricongiungersi con l'altra metà di se stessi. Questo ci fa capire che per Aristofane l'amore era ricomporre l'unità originaria perduta. 
Socrate dà in parte ragione al discorso di Aristofane, dicendo che l'amore è un desiderio di ciò per cui si sente la mancanza. Platone introduce nel dialogo la figura di Diotima, probabilmente di sua invenzione, ovvero una sacerdotessa di Mantinea, a cui Socrate attribuisce il discorso dell'amore. Secondo Diotima Eros non è nè un dio nè un mortale, ma un demone, ovvero un essere intermedio tra umani e dei. Essendo figlio di Penìa si capisce che è sempre povero e brutto, squallido e senza casa. Però, in quanto figlio di Poro, è anche coraggioso, audace e risoluto, saggio e pieno di risorse. Eros viene visto quindi con una natura intermedia tra ricchezza e povertà, sapienza e ignoranza, dei e uomini. Per questo Eros viene visto come la personificazione della filosofia. 
In conclusione possiamo capire che nel Simposio l'amore viene visto come un ponte tra il sensibile e l'intelligente.





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